Quando la mente rallenta

Quando la mente rallenta: tra fatigue, brain fog e bradifrenia

La stanchezza mentale non è solo una questione di forza di volontà. Molte persone descrivono esperienze di rallentamento, confusione, nebbia mentale o lentezza nel pensiero, che possono avere origini diverse — neurologiche, psicologiche, ma anche emotive. Riconoscere e nominare questi stati significa anche restituire loro dignità clinica e psicologica.

La fatigue: una stanchezza che attraversa corpo e mente

La fatigue non è semplice stanchezza. È un’esperienza complessa, spesso descritta come una perdita profonda di energia fisica e mentale. Nella sclerosi multipla e in altri disturbi neurologici, la fatigue è uno dei sintomi più comuni e invalidanti. Può derivare da alterazioni neurochimiche, processi infiammatori o effetti dei trattamenti, ma anche da un sovraccarico psicologico. A livello emotivo, chi la vive sperimenta senso di colpa, frustrazione e paura di non riuscire più a gestire la propria quotidianità. Il corpo rallenta, la mente si appanna e il tempo interno sembra dilatarsi.

Il brain fog: la nebbia della mente

Il cosiddetto brain fog, o nebbia mentale, è una sensazione di confusione e di difficoltà a mettere a fuoco i pensieri. Si manifesta con disattenzione, fatica a ricordare, difficoltà a trovare le parole giuste o a mantenere la concentrazione. Spesso compare in condizioni di stress cronico, ansia, squilibri ormonali, disturbi del sonno o a seguito di infezioni virali. Non sempre è espressione di una malattia neurologica: a volte è il segnale di un sistema nervoso sovraccarico, che ha perso la capacità di recuperare. Dal punto di vista psicologico, il brain fog può essere vissuto come una perdita di lucidità e di padronanza di sé.

La bradifrenia: quando il pensiero rallenta davvero

La bradifrenia, dal greco bradys (lento) e phrēn (mente), indica un rallentamento oggettivo dei processi del pensiero. È tipica dei parkinsonismi e può comparire anche nella sclerosi multipla, quando le connessioni tra aree corticali e sottocorticali diventano meno efficienti. Non si tratta solo di stanchezza: è un rallentamento misurabile nei test cognitivi e percepito nella vita quotidiana. Chi ne soffre racconta la sensazione di pensare dentro una sostanza densa, come se ogni idea dovesse attraversare uno strato di resistenza. Sul piano psicologico, può generare tristezza, senso di perdita e frustrazione per la diminuita rapidità mentale.

Una prospettiva psicologica integrata

Ogni sintomo ha una sua dimensione di significato. Nella prospettiva psicologica, la fatigue, il brain fog e la bradifrenia non sono solo fenomeni neurologici, ma anche modi in cui il corpo e la mente comunicano un bisogno di tregua. Il rallentamento può essere letto come un tentativo di autoregolazione del sistema, un modo di proteggersi dall’eccesso di stimolazione o di stress. Nel lavoro psicoterapeutico, dare parola a queste esperienze permette di restituire loro senso e dignità, aiutando la persona a riappropriarsi del proprio ritmo interno.

Conclusione

Riconoscere la propria fatica mentale non è un segno di debolezza, ma un atto di consapevolezza. Il rallentamento, la confusione o la nebbia che offuscano la mente sono segnali che meritano ascolto e cura. Quando la mente rallenta, ci invita a fermarci, a riconnetterci con noi stessi e a ricominciare da un passo più umano.

Scritto da Dott.ssa Maria Luisa Mazzetta
Psicologa-Psicoterapeuta
Etnopsichiatra
Mediatrice Interculturale
Antropologa in formazione

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